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Goumi del Giappone frutto proteico e salutistico

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Goumi del Giappone il frutto proteico

 di Cristina Burlone

Goumi cos’è?

Il Goumi è un arbusto, con piccoli frutti rossi, che una volta raccolti sono facilmente conservabili per un paio di settimane e vengono di solito consumati freschi, ma sono ottimi anche per marmellate.

Un cespuglio che cresce facilmente nei climi di tutta Italia, è una pianta rustica che non necessita di particolari cure o terreni e produce grandi quantità di frutti ricchi di salute.

Goumi, contenuti salutistici:

Ricchi di vitamina C, hanno una rilevante quantità di zuccheri con 5% di proteine e moltissimi sali minerali.

Caratteristica unica per un frutto è la presenza, nella sua polpa, degli acidi grassi essenziali, che sono quelli che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare da altre sostanze, e devono essere introdotti tramite alimenti che li contengono ( Omega3 e Omega6).
Contiene quantità di licopene 17 volte superiori al pomodoro, quindi ha elevatissime capacità antiossidanti.

Non è facile trovare un frutto con il 5% di proteine e ricco di acidi grassi così benefici.

Ricchi di sali minerali e carotenoidi.

Goumi impieghi per la salute

Danno il loro meglio se consumati freschi, ma conservano molte delle loro proprietà anche dopo lavorazioni.

Hanno proprietà  molto utili nel trattamento e nella prevenzione di influenze e raffreddori, sono molto efficaci anche come ricostituente naturale, integratore di sali minerali, antinfiammatorio, oltre che studi recenti hanno dimostrato l’efficacia degli antiossidanti presenti nei suoi frutti contro la formazione di cellule tumorali.

La quantità notevole di acidi grassi e di fibre rende questi frutti ottimi per abbassare il colesterolo cattivo, anche sotto forma di marmellata.

Coltivare il Goumi

Pianta molto facile e adatta a tutti i climi. Cresce velocemente e fruttifica già dal secondo anno, circa 80-90 cm.

Si possono comprare giovani piante oppure partire da seme (metodo più economico)

di Cristina Burlone

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Cancerogene elenco sostanze che portano tumori

prodotti cancerogene tumori cancro

prodotti cancerogene tumori cancro

Cancerogene, elenco sostanze che causano tumori

 di Cristina Burlone

Quali sono le sostanze cancerogene che non vogliamo in ciò che compriamo:

Cancerogene sono quelle sostanze che comprovatamente portano alla formazione di tumori.
Molti di noi hanno rizzato le antenne e acquistano prodotti il più possibile naturali e sicuri anche per i nostri bambini.
Non sempre però leggendo la lunghissima lista di ingredienti o la composizione di detersivi, cosmetici, creme, ecc… sappiamo con certezza cosa lasciare sullo scaffale o quando dire “no grazie!”.
Di seguito c’è una lista di tutte quelle sostanze che in Italia sono ufficialmente identificate come cancerogene.
Spero che la stampiate e che passiate in rassegna i prodotti che avete in casa, farete scoperte sconcertanti.
Da notare che si trovano queste sostanze cancerogene anche in moltissimi prodotti “dermatologicamente testati“, in anti-zanzare per bambini, nelle pomate medicinali, nei saponi, detersivi, ecc…
Vi potrebbe anche interessare il nostro articolo sulla formaldeide.
Ho scritto queste sostanze cancerogene con il loro nome internazionale, visto che è così che le troviamo ormai sulla maggior parte dei prodotti.
Fateci sapere cosa scoprite, potrebbe interessare a molti!

Sono cancerogene:

DIHYDROXYBENZENE (O RESORCINOL)
BENZENDIOL (O HYDROQUINONE o BENZENEDIAMINE) ALUMINUM (chloride, hydrochloride, chlorohydrate, hydroxybromide, oxide, zirconium)
AMIDIMETHICONE
AMMONIUM PERSULFATE
BENZALKONIUMCHLORIDE
BORIC ACID
BRONOPOL (2-bromo-2- nitropropane-1,3-diol) BUTYLHYDROXYANISOLE (BHA)
BUTYLHYDROXYTOLUENE (BHT)
BUTYLPARABEN
CETEARETH
CHLOROACETAMIDE
COCAMIDE DEA
CI 73360
CI 60725
CITRONELLOL
CYCLOPENTASILOXANE
DEA-OLETH 3PHOSPHATE
DEA-CETYL PHOSPHATE
DIAZOLIDINYL UREA
DIBUTYL PHTHALATE
DIHYDROXYBENZENE
DIMETHICONE (e composti)
DISODIUM EDTA
DMDM HYDANTOIN
EUGENIOL
FORMALDEHYDE
FORMALIN
FORMIC ALDEHYDE
GERANIOL
HOMOSALATE
IMIDAZOLIDINYL UREA
IODOPROPYNYLBUTYLCARBAMATE
ISOBUTYLPARABEN
ISOPROPYL ACETATE
LAURAMIDE DEA
LANOLIN (e composti)
LAURETH (e composti)
LEAD ACETATE(e composti)
LECITHIN
LIGHT LIQUID PARAFFIN
LINALOOL
METHYL ALDEHYDE

METHYLBENZENE
MINERAL OIL
MONOETHANOLAMINE(MEA)
MYRISTAMIDE DEA
NONOXYNOL
OCTINOXATE
OCTYL-METHOXYCINNAMATE
OCTOXYNOL
OLEAMIDE DEA
OXYBENZONE ( O BENZOPHENONE-3)
PARAFFIN LIQUIDUM
PETROLATUM
PETROLEUM DISTILLATE
PEG (e composti)
PPG (e composti)
PHENOL (e composti)
PHENOXYETHANOL
PLACENTAL EXTRACT
POLYETHYLENE
POLYETHYLENE TEREPHTHALATE
POLOXYETHYLENE
POLYSILICONE
POLYSORBATE-80
P-PHENYLENEDIAMINE
PROPYL ACETATE
PROPYLENE GLICOL
PROPYLPARABEN
QUATERNIUM
SACCHARIN
SILICONE QUATERNIUM
SILOXANE (e composti)
SODIUM LAURETH SULFATE
SODIUM METABISULFATE
SODIUM METHYLPARABEN
STEARAMIDE MEA
TEA LAURYL SULFATE
TETRASODIUM EDTA
THIMEROSAL
THIOGLYCOLIC ACID
TOLUENE
TRICLOSAN
TRIETHANOLAMINE (TEA)
Ci siamo documentati su www.lilt.it

Purtroppo non sono tutte qui, ma è un buon inizio.

Un’alimentazione ricca di sostanze depurative e antiossidanti è un valido aiuto.

di Cristina Burlone

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Stevia dolcificante naturale no-calorie

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La stevia, dolcificante naturale ed erba medicinale

 di Cristina Burlone

Stevia cos’è:

La stevia è una pianta perenne, di piccole dimensioni, della famiglia delle Asteraceae, originaria delle montagne fra Paraguay e Brasile.
La varietà utilizzata come dolcificante naturale è la stevia rebaudiana, da Rebaudi, lo scopritore delle sue proprietà.

Proprietà dolcificanti della stevia:

È 300 volte più dolce dello zucchero ed è stata usata per secoli in Sud America e Giappone.

Non contiene calorie o effetto glicemico, il che tra l’altro la rende una scelta più sicura per i diabetici.
I principi attivi sono lo stevioside, e il rebaudioside A, che si trovano in tutte le parti della pianta ma sono più disponibili e concentrati nelle foglie, che quando sono seccate (disidratate), hanno il potere dolcificante (ad effetto della miscela dei due componenti dolcificanti).

A differenza dello zucchero i principi attivi non hanno alcun potere nutrizionale (zero calorie), e sono relativamente stabili nel tempo ed alle alte temperature, conservano perfettamente le loro caratteristiche anche in prodotti da forno o in bevande calde, diversamente da altri dolcificanti di sintesi come l’aspartame, che subisce degradazione (oltre a tutti gli altri effetti nocivi).

Proprietà medicinali della stevia:

Oltre al potere dolcificante, è utile a regolarizzare e aiutare altri aspetti del nostro corpo:
– regola e normalizza la pressione
– regola i livelli di zucchero nel sangue
– aiuta la diuresi
– favorisce e normalizza la digestione
– benefica per l’ansia
– riduce i depositi di adipe e i livelli di grasso nel sangue

Come coltivare la stevia:

La coltivazione non richiede particolari cure e può essere fatta anche da mani non troppo esperte.
Per iniziare, dovremo procurarci i semi della pianta.
All’inizio della primavera, in un vaso non molto grande versate della terra fine e umida, sulla quale distribuiremo i semi. Consideriamo che i semi  sono molto piccoli quindi dovranno essere coperti con uno strato molto sottile di terriccio.
Il vaso andrà poi disposto all’esterno, in un posto luminoso e a riparo dal vento.
La germinazione potrebbe avvenire anche già 10 giorni.
Appena le piantine avranno raggiunto una certa altezza, dividerle in vasi più ampi, per favorirne la crescita.

I primi periodi, umidificate il terreno con un nebulizzatore, in modo da non smuovere eccessivamente la terra sopra i nostri semi.

Durante l’estate, evitate l’esposizione diretta del sole, per proteggere le foglie.

Durante l’autunno, ricoprire il terreno con della pacciamatura, in modo da proteggere le radici della pianta.
Non vi preoccupate se con l’arrivo delle temperature più rigide vedrete morire la pianta: la pacciamatura la proteggerà e all’arrivo della primavera le piantine faranno di nuovo capolino dal terreno.
Una delle cose più importanti a cui prestare attenzione quando decidiamo di coltivare la stevia è la scelta del tipo di terreno. Se il terreno è argilloso, allora le foglie avranno un minor potere dolcificante, se il terreno è più sabbioso (va bene anche la torba), le foglie saranno più larghe e dolci.

Come usare la stevia:

Stevia fresca: 4 foglie fresche in infusione due volte al giorno, oppure si possono aggiungere a macedonie, limonate e altre preparazioni
Stevia secca: in estate cimare i rami della pianta e staccare le foglie più larghe, avendo cura di lasciare i germogli e le gemme che dovranno crescere; mettere su un canovaccio di cotone le foglie ad essiccare al sole. Poi triturarle e conservarle in vasi di verto.
Si consuma in infusione (come per le normali tisane) un cucchiaio di foglie per litro d’acqua, lasciando in infusione per almeno mezz’ora.

Curiosità sulla stevia:

Viene coltivata estesamente e consumata in Thailandia, Israele e Cina, ed in genere in tutta l’America meridionale, dove è usata da secoli come dolcificante ma soprattutto come pianta medicinale.

In Brasile è utilizzata come rimedio della medicina popolare per il diabete.
Dal 14 aprile 2010 l’Unione Europea permette l’uso di questo dolcificante come additivo alimentare. Anche la Svizzera ne ha ammesso il commercio e l’uso. Si trovano prodotti a base di stevia anche nei nostri supermercati.
Nell’agosto del 2013 la Coca Cola ha annunciato la produzione di un nuovo prodotto “Coca-Cola Life” che utilizza la Stevia come dolcificante.

              

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Grassi idrogenati, cosa sono realmente?

gelati idrogenato grassi

gelati idrogenato grassi

GRASSI IDROGENATI

di Cristina Burlone

GRASSI IDROGENATI cosa sono?

I grassi idrogenati si trovano soprattutto nei cibi confezionati di produzione industriale: merendine, biscotti, torte, pop-corn, tutti quelli che contengono in etichetta la scritta “oli vegetali idrogenati”, “grassi idrogenati” o “parzialmente-idrogenati”.
La margarina è il prodotto che ne è più ricco per definizione (anche se oggi ne esistono in commercio alcune non prodotte per idrogenazione), ma anche gelati, creme spalmabili, integratori e la “famosa” panna vegetale da montare.
I “trans” sono i grassi che si ottengono durante il processo con cui gli oli vegetali vengono resi solidi: l’idrogenazione.

Sono usati da decenni nell’industria alimentare, in particolare nei prodotti da forno, perché sono pratici da usare e a basso costo.

Hanno il vantaggio di migliorare il sapore dei prodotti e la loro friabilità, e di allungarne la durata sugli scaffali.
Negli Stati Uniti stanno per metterli definitivamente al bando.

Grassi idrogenati: le accuse

I grassi di questo tipo, già da diversi anni sono ritenuti dannosi per la salute.

Accusati di far alzare i livelli di colesterolo cattivo, provocare danni alle arterie, e di conseguenza malattie cardiovascolari.

Si sono accumulate le prove della loro pericolosità. Secondo uno studio del 2006 sul New England Journal of Medicine, solo negli Stati Uniti sono all’origine ogni anni di un numero di infarti compreso tra 72 mila e 228 mila.
La demonizzazione dei trans è andata di pari passo con la riabilitazione dei grassi saturi di origine animale, contenuti nel burro, nei formaggi, nella carne rossa.
Per i grassi trans idrogenati, le accuse e i timori sembrano ormai provate al di là di ogni dubbio.

GRASSI IDROGENATI e BUGIE del MARKETING

Sui grassi idrogenati ci si è interrogati solo di recente. Fino agli anni ’80, erano considerati addirittura benefici. La margarina, veniva raccomandata come un sostituto del burro più leggero e salutare.
La storia dei trans inizia nel 1902, quando lo scienziato Wilhelm Normann scoprì che aggiungendo idrogeno agli oli vegetali, questi si solidificavano, creando nel processo grassi “trans”.
Quando iniziò l’allarme contro il burro e gli altri grassi saturi di origine animale, la margarina e i trans idrogenati sembrarono l’alternativa migliore.

Solo a partire dagli anni ’90 le ricerche hanno stabilito che i trans sono responsabili di aumentare il colesterolo cattivo e di provocare danni alle arterie, infarti e ictus.

Il loro uso negli ultimi anni è già fortemente diminuito. Dal 2006, negli Stati Uniti è obbligatoria la dichiarazione del contenuto di grassi idrogenati presenti.

Lo stato di New York ne ha bandito alcuni anni fa l’uso nei ristoranti.

Molte industrie alimentari e catene di fast-food si sono adeguate riducendo o eliminandoli dai loro prodotti. Il bando imminente deriva dalla decisione della Food and Drug Administration, di toglierli dalla lista degli additivi considerati “sicuri”.

La conseguenza pratica è che sarebbero le industrie a dover dimostrare che non sono dannosi, prima di usarli nei loro prodotti, che equivale a bandirli.

GRASSI IDROGENATI NORMATIVA EUROPEA

In Europa è obbligatorio dichiarare la loro presenza (indicata dalla dicitura “grassi idrogenati” o “parzialmente idrogenati” in etichetta), ma non la loro quantità.

Solo la Danimarca ha messo per legge una soglia tollerabile del 2%, che non può essere superata.
Le analisi e gli studi sui prodotti mostrano che negli ultimi anni, anche in Europa, c’è stata una diminuzione costante nell’uso dei trans.

I prodotti che li contengono non sono certo spariti dagli scaffali dei supermercati.

Molte aziende, anche in Italia, specificano sull’etichetta “non contiene grassi idrogenati” quando sicuramente sono assenti.
Purtroppo molti li hanno sostituiti con oli vegetali comunque molto scadenti.

Per chi volesse leggere la normativa sull’etichettatura del Ministero della Salute potete leggere qui

di Cristina Burlone

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Formaldeide, veleno in casa, dove si trova e perchè

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Formaldeide diffusissimo veleno nelle nostre case

di Cristina Burlone

Cos’è la formaldeide

La formaldeide, a temperatura ambiente è un gas incolore e dall’odore acre e irritante.

Solubile in acqua, capace di reagire con molte sostanze chimiche che si trovano nell’ambiente e nell’aria.

La formaldeide è un inquinante così detto ubiquitario, cioè lo si trova praticamente ovunque. Si forma nelle giornate soleggiate in presenza di inquinamento da traffico o da riscaldamento.

Per le sue caratteristiche chimiche viene impiegata per le più varie lavorazioni, alcune delle quali tramandate da secoli, ad esempio in alcuni musei sono ancora oggi conservati animali in vasi di vetro pieni di liquido: la formaldeide.

La formaldeide nel cibo

Nella conservazione degli alimenti può raggiungere concentrazioni elevate: fino a 1000 ppm nel pesce affumicato, 100 ppm nei crostacei. La si ritrova però anche in cibi più tradizionali, come i formaggi, e “insospettabili” come le mele (dove la formaldeide può arrivare a 20 ppm).

A tutt’oggi è ammessa come additivo alimentare (conservante) con la sigla E240.

Formaldeide in casa

In campo industriale, la formaldeide trova larghissimo impiego nella fabbricazione di resine sintetiche, colle, solventi, vernici, imballaggi, tessuti.

E’ diffusa in molti detergenti e saponi, nel detersivo per piatti, negli ammorbidenti, nei lucidi per scarpe, negli indurenti e smalti per unghie, nelle lozioni per capelli, nel fondotinta, nelle creme, nei collutori, nel mascara.

Per la sua proprietà battericida la troviamo anche nei disinfettanti, negli insetticidi, nei fungicidi e nei deodoranti con il nome di “formalina”.

La si è rinvenuta nelle confezioni per alimenti e, di conseguenza, nel cartone e nel legno da riciclo. Anche il rivestimento di alcune lattine la contiene.

È uno dei principali inquinanti indoor.

Stando a uno studio dell’Istituto Superiore della Sanità, può raggiungere concentrazioni persino più alte nelle abitazioni rispetto agli ambienti di lavoro. Il fumo di sigaretta è uno dei principali responsabili. Ma anche nei locali dove non si fuma si possono trovare concentrazioni pari a 0,1 parti per milione (ppm) a causa soprattutto del rilascio dei mobili in legno truciolato o di compensato, soprattutto quando sono nuovi, alle colle e ai solventi usati nei mobili e nell’edilizia (moquette, parquet).

Il rilascio di formaldeide da truciolato è, nelle produzioni più moderne e controllate, molto più contenuto del passato, ma sempre presente.

Formaldeide: la normativa

La normativa è antiquata e contraddittoria.

La formaldeide: è ammessa come conservante per alimenti (con la sigla E240) anche in forti concentrazioni;

se ne prevede la presenza regolamentata nella carta per alimenti, anche nel caso di etichetta ecologica (la margherita europea), ma le norme ambientali per il macero destinato a riciclo ne prevedono la totale assenza.

Qualche misura più coerente e restrittiva è stata invece presa per regolamentare la presenza della formaldeide nel legno truciolare. Un decreto legge (D.M. 10.10.2008) ha infatti vietato il commercio di pannelli a base di legno e di manufatti con essi realizzati se il rilascio nell’ambiente di formaldeide supera il valore di 0,1 ppm (0,124 mg al metro cubo).

Se la conosci, la eviti!

In attesa che altri materiali e categorie di prodotti vengano sottoposti a più severi controlli, possiamo difenderci da questo pericoloso inquinante prestando attenzione alla nostra casa e ad alcuni comportamenti.

In cucina le sostanze tossiche possono sprigionarsi dalla cattiva manutenzione delle griglie spargifiamma dei fornelli a gas, che è bene pulire spesso con uno spazzolino di metallo o a setole dure per eliminare i residui di cibo combusto. La cappa di aspirazione sopra i fornelli andrebbe accesa prima di iniziare a cucinare e, appena possibile, arieggiare il locale.

Anche nelle camere la ventilazione dei locali è essenziale per evitare l’accumulo in casa di inquinanti (spesso in concentrazioni anche superiori all’aria esterna, anche nelle giornate di allarme smog!). Nelle case nuove o da ristrutturare, vale la pena dotare tutti i locali di sistemi di ventilazione forzata, per consentire un costante ricambio d’aria.

In camera da letto e nei locali più frequentati, è bene fare affidamento a vernici e colle per tappezzerie e parquet etichettati Ecolabel, evitare moquette, mobili di carta e in truciolare.

Preferire quelli in legno massello, anche se costa di più, meglio ancora se in classe E1 (a bassa emissione di formaldeide) o in classe FF (senza formaldeide), chiedendo la garanzia all’atto dell’acquisto.

Le emissioni di formaldeide sono particolarmente importanti nei primi mesi, poi diminuiscono molto. Ecco perché ricorrere a mobili usati è una buona idea: quelli usati per più di due anni hanno avuto il tempo di rilasciare gran parte delle loro sostanze nocive.

Infine, attenzione anche ai cosmetici, alcuni studi la indicano come uno dei principali responsabili di allergie e irritazioni.

Alcuni deodoranti per ambienti: se contengono terpeni, combinandosi con l’ozono presente nell’aria, danno origine a formaldeide.

Di Cristina Burlone

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Cucamelon, strani, sani e buoni

Cucamelon Wiseconomy

Cucamelon, strani, sani e buoni

di Cristina Burlone

Cucamelon: cosa sono?

Il cucamelon, o melothria scabra, sembra una piccolissima anguria (ha le dimensioni di un chicco d’uva) e il sapore è misto tra anguria, cetriolo e lime. E’ una specie rampicante della famiglia delle Cucurbitaceae, originaria dell’America Centrale e coltivata per i suoi frutti commestibili. La pianta è originaria dell’America Centrale e in particolare del Messico dove viene coltivata sin da tempi precolombiani.

Cucamelon proprietà:

è un cibo sano, senza alcuna controindicazione e con discrete proprietà nutritive.
Come il cetriolo è rinfrescate, idratante, ha pochissime calorie, è un buon diuretico ed un valido disintossicante.

Nella medicina tradizionale sudamericana viene usato per abbassare i livelli di glicemia nel sangue per i diabetici.

Ha solo 15 calorie per 100 gr di frutti!

Contiene buone quantità di Vitamina-A, vitamina C e K, carotene e folati, soprattutto è ricco di sali minerali, prevalentemente potassio, fosforo e calcio, livelli minori di fluoro e magnesio.

Come si mangia il cucamelon?

Per il consumo fresco i frutti devono essere raccolti molto piccoli, finché sono di forma allungata e la buccia resta tenera. In seguito possono essere conservati sott’aceto e cotti, ma risultano più amari e coriacei se mangiati crudi.
Può essere consumato tal quale o aggiunto all’insalata, intero o tagliato a metà. Il frutto contiene molti semi, ma se raccolto giovane questi non infastidiscono, essendo molto morbidi e succosi.
Sono ottimi anche saltati in padella sia da soli con olio d’oliva, che insieme ad altre verdure.

Cucamelon come ottenerlo:

Io ho comprato i semi on-line qui!

Come si coltiva il cucamelon?

Questi cetriolini messicani sono belli, buoni e anche robusti e facilissimi da coltivare!

La pianta è adatta per la coltivazione in vaso, perciò anche chi non ha a disposizione un giardino si può cimentare. Molto adatto a chi ha bambini, perchè cresce velocemente e data la forma e il gusto particolare riscuote un gran successo.

Interrare i semi a circa mezzo centimetro di profondità, va bene qualsiasi tipo di terreno e di esposizione, tenendo però presente che si tratta di una rampicante, perciò sarà meglio appoggiarsi ad un muro o una ringhiera, oppure fornire i tre bastoni di sostegno.

In Italia il cucamelon può essere interrato all’esterno già all’inizio della primavera se la temperatura del terreno arriva ad un minimo di 15°.

Nel sud Italia non estirpare le radici quando la pianta si secca, perchè riprenderà a vegetare l’anno successivo, nelle zone in cui invece il terreno subisce ghiacciate, si dissotterrano e si conservano in un sacchetto di carta con segatura, al buio, fino alla primavera successiva. Oppure si fa nascere dai semi.

Cucamelon curiosità

I frutti di questa pianta sono chiamati anche cetriolini messicani o cetriolini di Versailles; il nome scientifico, Melothria scabra, risale invece al 1866 quando vennero descritti per la prima volta dal botanico francese Charles Victor Naudin.

In Sudamerica si trovano tanti nomi per i cucamelon quanti stati ci sono! Uno è “Sandiitas de Raton” letteralmente “anguriette dei topi”

di Cristina Burlone